Opere Polimateriche

Adriano Spatola

"… La materia come crosta di un mondo teso verso la superficie, e ribollente, infernale. Il mistero è stratificato, giorno dopo giorno, millennio dopo millennio, ma mai risolto". Qui Guerrieri sa di toccare uno dei punti più delicati e controversi del discorso sull’arte informale: la parola «mistero» è allarmante, e per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo essa è stata usata troppo spesso per confondere il momento tecnico e il momento ideologico, lasciando così irrisolta la questione fondamentale del rapporto tra la pittura informale e la realtà (la realtà si esaurisce nel quadro? o nel gesto? o non è piuttosto la garanzia del quadro e del gesto?); e in secondo luogo ripropone, proprio sul piano tecnico, il problema dell’ordine nel disordine, della formazione del pianeta dal caos. Direi che per Guerrieri è soprattutto il secondo punto quello che conta…

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Massimo Riposati


Francesco Guerrieri Opere polimateriche pregestaltiche


Le origini
Il primo segno, le prime immagini che nel Paleolitico l'uomo ha voluto darsi per restituirle alla emozione del racconto, sono tracce che evocano ancor più che narrare, suggerendo una esperienza, degli incontri, col bisonte o con il dinosauro, forme ancestrali di una volontà esistenziale, quasi didattica, per la comunità e forse per se stessi, di descrivere per conoscere, disegnare per esorcizzare la paura, invitare alla sopravvivenza, dare continuità alla specie e respiro al domani. I viaggi, le visite di Francesco Guerrieri nei luoghi dei primi insediamenti umani, ad Altamira e Santander in Spagna, e poi in Francia, in Dordogna e nelle grotte di Lascaux, nel 1960, lo conducono all'origine della volontà espressiva essenziale, lo nutrono di un passato senza storia, lo arricchiscono di una emozione che lascerà una traccia fondamentale nella sua produzione pittorica. La purezza di quelle forme quasi senza volume, spesso più incise che disegnate, il richiamo alla materia roccia, alla calcinata umida polverosità degli ambienti lo confermano in una ricerca di essenzialità visiva da confrontare più con il (povero) sentimento del tempo prima della storia che con la ricchezza del dato culturale.

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