Sperimentale P. (seconda dichiarazione di poetica)

Sperimentale P. (seconda dichiarazione di poetica)

Sperimentale P.

(seconda dichiarazione di poetica)

I - La percezione
Prima delle costruzioni logiche o illogiche del pensiero, prima delle categorie scientifiche c’è la percezione, l’esperienza originaria che situa l’uomo nel mondo, fra gli uomini.
Ritornando alla percezione, come tipo di esperienza originale, in cui il mondo si costituisce, l’uomo si rende conto che c’è una realtà e che a questa realtà è possibile attribuire significati interindividuali.
La percezione non è un’esperienza puramente oggettiva separabile dal soggetto (comportamentismo), non è una sensazione astratta o una somma di sensazioni (introspezionismo, psicologia atomistica), ma è totalità, è configurazione, strutturazione, è un «insieme» indivisibile (gestalpsycologie). La percezione prima e naturale è quella degli «insiemi», non degli elementi isolati. Noi percepiamo in modo indiviso e con la totalità del nostro essere.
Dalla psicologia della Forma (gestalt) possiamo ricavare l’insegnamento che «l’uomo è nel mondo ed è nel mondo che si conosce» (1);
che possiamo riapprendere a vedere questo mondo «con il quale siamo a contatto per tutta la superficie del nostro essere». (2)
Osserva Merleau-Ponty: «Questa psicologia e le filosofie contemporanee hanno il carattere comune di presentarci non, come le filosofie classiche, lo spirito e il mondo, ogni coscienza e le altre, ma ogni coscienza gettata nel mondo, sottomessa allo sguardo delle altre, apprendendo da esse quello che è». (3)

II - Arte e Percezione - L’arte tende a produrre una percezione.
L’arte moderna inizia allorché l’impressionismo riduce decisamente l’arte a percezione e - come giustamente osserva Giulio Carlo Argan - «rivela chiaramente la volontà di separare la percezione, come apprensione immediata, da ogni nozione o consuetudine visiva in quanto, appunto, la nozione o la consuetudine appaiono viziate da un insieme di pregiudizi inveterati e dipendenti da interessi sociali tradizionali.
La percezione «pura» viene così assunta come valore assolutamente autonomo e autentico e non come mera, meccanica attività della mente…
Il compito dell’artista è di fare la percezione, di tradurre in attivo un passivo ricevere o di mettere in chiaro il carattere di attività che è dentro quell’apparente passività del ricevere. La finalità ultima è come sempre fare se stessi, fare la propria situazione nel mondo, la propria esistenza, la propria coscienza». (4)
Lo scopo dell’arte non è più quello di rappresentare schemi formali convenzionali, concetti acquisiti e comunemente accettati, ma di comunicare direttamente, senza lo schermo dei principi e dei modi convenzionali che inducono a non percepire o quanto meno ad una percezione erronea, cioè inducono a non situarsi nel mondo, con gli altri, oppure a situarsi erroneamente.
Il linguaggio non è più inteso come modo di definizione, ma come modo di comunicazione. L’opera si comunica alle altre coscienze attraverso una corrispondente esperienza percettiva e, comunicandosi, trasforma la realtà non significativa in realtà che ha un senso. Il concetto «creativo» della forma, l’idea che presiede all’operazione artistica, si fenomenizza intersoggettivamente. «È la felicità dell’arte di mostrare come qualcosa diventi significato, non per allusione a idee già formate ed acquisite, ma grazie alla disposizione temporale e spaziale degli elementi». (5)
L’operazione artistica che miri, secondo la sua naturale funzione, a contrastare la non-percezione e la percezione erronea, libera l’uomo dall’immanente condizione di alienato da se stesso, rendendolo al contrario soggetto attivo nei confronti del mondo e degli altri, dandogli il modo di comunicare direttamente. In questo senso l’operazione artistica è atto sociale, implica necessariamente un impegno etico-operativo.
La mancanza di eticità squalifica, oggi più che mai, qualsiasi produzione artistica non concepita intersoggetivamente.

III - La ricerca: oggetto e fine
Il fine che con la nostra ricerca ci proponiamo è di costituire un linguaggio veramente intersoggetivo.
Occorre perciò reperire o costituire degli elementi di linguaggio validi intersoggettivamente o, più precisamente, le condizioni di validità intersoggettiva degli elementi visivi.
Occorre analizzare e sperimentare gli elementi fino a che questi non abbiamo raggiunto una condizione di efficacia obiettiva-percettiva in rapporto alla «forma totale» che essi vengono a «formare» e in rapporto ai diversi possibili fruitori della forma. L’oggetto della ricerca, il campo da sperimentare è dunque quello della percezione totale.
La ricerca agli inizi c’impone di analizzare e sperimentare dati elementari.
Sappiamo, però, che anche nel dato elementare si riflette l’unità biopsichica di colui che opera e di colui che fruisce l’opera.
La vita psichica è un gioco dinamico di forze che trovano il loro modo di essere solo in relazioni dinamiche unitariamente organizzate o forme (gestalt). Se poi guardiamo attentamente all’uomo contemporaneo notiamo una accelerazione intensa dei processi dinamici che dovrebbero regolare la vita psichica. L’uomo contemporaneo è soggetto a un continuo bombardamento di stimoli, impulsi, attrazioni spesso violente e al livello vegetativo o subconscio. Egli è sempre più allontanato dalla condizione originaria della percezione, dall’essere nel mondo. Tuttavia non si può oggi tornare a quella condizione originaria senza tener conto di una realtà tipicamente dinamicizzata (tecnico-industriale) del nostro tempo. Non intendiamo con ciò affermare che si debba fare ad ogni costo dell’arte cinetica, ma che occorre mirare ad una fruizione dinamicamente attiva del quadro o altro oggetto estetico che sia. Rendere attivamente partecipe il fruitore della costruzione dinamica, della formazione della forma, può essere compito socialmente utile, didattico se non rivoluzionario nei confronti di un’imposizione dall’alto delle forme da consumare.

IV - Metodo di ricerca
In relazione all’oggetto e al fine riteniamo che il metodo di ricerca non possa essere che sperimentale. Non possediamo verità assolute, tanto meno accettiamo principi dogmatici. Tutto o quasi tutto è da scoprire, analizzare, provare, verificare.
Il metodo sperimentale attraverso l’osservazione, l’analisi, l’esperimento di un fenomeno, vuole giungere a scoprire le leggi che regolano il verificarsi del fenomeno stesso. Metodo per eccellenza antidogmatico, si può dire che esso nasce dalla ricerca stessa, poiché si adegua incessantemente alle esigenze di questa. Certo si possono fissare delle linee generali direzionali ma esse debbono essere mutate quando urtano con i fatti. Non si possono determinare a priori le singole specifiche operazioni da compiere. È lo svolgersi stesso della ricerca che di volta in volta indurrà alla scelta dell’una o dell’altra operazione. Il campo stesso della ricerca può modificarsi in conseguenza di nuovi fatti manifestatisi o scoperti.
La sperimentazione dev’essere rigorosa, continuamente controllata e controllabile. Tuttavia occorre guardarsi dall’errore di coloro che, per un preteso rigore, giungono alla conclusione indimostrata che le operazione estetiche siano identificabili ad operazioni logico-matematiche e, pertanto, le rinchiudono in schematismi e formule rigide.
Durante la sperimentazione può essere necessario o utile ricorrere al sussidio dell’una o dell’altra branca della scienza, ma più d’ogni altra occorre giovarsi della psicologia e particolarmente della psicologia della forma e di ogni ricerca psicologica che abbia per oggetto il comportamento e le operazioni degli esseri viventi allorché formano o percepiscono forme. Bisogna però tener presente che nelle operazioni (formative o percettive) di natura estetica vi è «qualcosa in più» rispetto a quelle non estetiche. Questo «qualcosa in più» può essere individuato nel «modo di comunicare». L’artista dà un significato estetico al semplice comportamento formativo. Questo significato, una volta individuato, potrà essere posto alla base di un linguaggio estetico intersoggettivo. Per il momento sappiamo soltanto che il campo di applicazione di un tale linguaggio è il mondo delle forme, degli stimoli o impulsi che queste emanano e delle reazioni che producono nella psiche.


V - Rapporto con la scienza e con l’industria
È utile o necessario giovarsi di un metodo scientifico, quale quello sperimentale, giovarsi di esperienze o scoperte scientifiche e della conoscenza del pensiero scientifico moderno, tuttavia i campi di ricerca restano divisi e distinti, come debbono essere per evitare confusioni inutili, anzi dannose. Osserva molto esattamente a questo proposito Merleau-Ponty: «La percezione di una distanza o di una grandezza non può essere confusa con le stime quantitative mediante le quali la scienza precisa distanza e grandezza.
Tutte le scienze si inseriscono in un mondo completo e reale senza avvedersi che l’esperienza percettiva è costitutiva rispetto a questo mondo».
Guardando, poi, alla realtà industriale che ci circonda, osserviamo che la produzione industriale alla fruizione naturalmente differenziata secondo le esigenze degli individui o dei gruppi ha sostituito la fruizione indifferenziata di massa, in cui unico criterio distintivo è forse il potere d’acquisto sulla 1ª, 2ª, 3ª scelta etc. (6) Alla responsabilità morale della produzione, all’eticità del fare si è sostituito l’interesse al massimo profitto, alla massima espansione del consumo. La massa è l’insieme anonimo destinato (con mezzi di «persuasione» potentemente adeguati) al consumo. Il problema che si pone è se si possa correggere quest’orientamento dell’industria, cioè restituire alla realtà tecnico-industriale il valore di conquista dell’uomo per il progresso civile e sociale dell’umanità. In particolare non possiamo non interessarci all’inflazione di immagini decisamente predisposte verso percezioni erronee al fine di imporre determinati consumi o comunque immagini alienanti dalla condizione originaria e autentica di percezione.
Come possono intervenire terapeuticamente in questa situazione gli «ideatori di forme», gli «artisti»? L’industrial design, almeno com’è attualmente concepito è completamente strumentalizzato ai fini privati della produzione industriale. La sua attività si limita ad «abbellire» il prodotto, ad allettare piacevolmente il potere d’acquisto della massa nelle sue fasi di 1ª, 2ª e 3ª scelta… La c. d. funzionalità quando non si è volgarizzata in comodità banale, è divenuta pretesto per arbitrarie manomissioni degli oggetti.
L’industrial design, insomma, sembra ignorare qualsiasi problema di autenticità di percezione e di eticità estetico-operativa.
In questa situazione i nostri prodotti (quadri, etc.) non possono assumere altra funzione che quella di «proposta» al livello di cultura estetica. Accettiamo la realtà tecnico-industriale come conquista dell’uomo e strumento di progresso e di elevazione sociale, non come mezzo di sfruttamento e di alienazione. I nostri «quadri» sono sufficientemente tecnicizzati e riproducibili industrialmente, ma essi hanno di per sé vita autonoma in funzione di linguaggio, di scoperta o recupero dell’autenticità e intersoggettività della «forma».
Come tali essi possono autonomamente inserirsi in un momento precedente alla progettazione e produzione come modelli, oppure in un momento successivo alla produzione come correttivi a prodotti erronei.

Sperimentale P.
Lia Drei-Francesco Guerrieri

Note:
(1) Merleau-Ponty: «Phénoménologie de la perception».
(2) (3) Merleau-Ponty: «Senso e non senso».
(4) Giulio Carlo Argan: «L’impressionismo e i movimenti artistici attuali» (il 27-5-1962, Gall. Naz. d’Arte Moderna, Roma).
(5)  Merleau-Ponty: «Senso e non senso».
(6) Vedi: Maurizio Bonicatti: «Corrispondenze e antagonismi» (il 28-5-1961, Gall. Naz. d’Arte Moderna, Roma).


(Da «Quaderno 1964”, testi di Giulio Carlo Argan, Rosario Assunto, Arturo Bovi, Luigi Paolo Finizio, Corrado Maltese, Filiberto Menna, Sandra Orienti e dichiarazione di poetica del binomio Sperimentale di Lia Drei - Francesco Guerrieri, ed. Il Bilico, Roma, aprile 1964).