Sperimentale p. (tecnica e ideologia)

Sperimentale P. (tecnica e ideologia)

Tecnica ed ideologia
SCELTA MORALE, QUALITÀ, STRUTTURA, PROPOSTA DI RETTIFICA, VERIFICA IDEOLOGICA.

La tecnica condiziona oggi i mezzi ed i modi della produzione industriale e, quindi, la struttura economico-sociale della collettività. Il problema che si pone è se la tecnica debba soltanto preoccuparsi dell’efficienza dell’apparato produttivo (non curandosi delle reali esigenze della collettività, né delle eventuali sperequazioni o sopraffazioni) o se, invece, si debba stabilire una relazione fra tecnica ed ideologia. In altre parole: se la tecnica possa ignorare la possibilità di creare valori di ordine morale attraverso la produzione dei beni destinati al soddisfacimento dei bisogni della collettività, ovvero, al contrario, quei valori possa e debba promuovere.
La prima risposta che si può dare è che la tecnica di per se è uno strumento che può essere utilizzato secondo un’ideologia, così come può essere utilizzato senza alcuna direttiva ideologica - a meno che non si voglia considerare ideologia l’interesse privato al profitto… -. Il problema si profila dunque chiaramente come scelta morale ed attende una soluzione non tanto dalle macchine o dai cervelli elettronici quanto dalla coscienza etico-sociale di coloro che detengono i mezzi di produzione, dei tecnici che vi operano, e, infine, delle masse che accettano o subiscono la produzione e le strutture sociali relative.
Date queste premesse, per l’artista “impegnato”, cioè che intende operare secondo una coscienza etico-sociale, il problema si specificherà nella ricerca delle possibilità e modalità di determinazione - o, quanto meno, di orientamento - verso una scelta morale del “fare”, cioè dell’oggetto e del fine del produrre. Come poi si possa in concreto arrivare a stabilire una relazione costante fra tecnica ed ideologia si potrà vedere secondo le diverse metodologie adottate dagli artisti ed i risultati raggiunti.
In questa sede si possono però fare alcune osservazioni di carattere generale. Nel ciclo produzione-consumo svolgono un ruolo determinante i “mass-media”, che si rivolgono al consumatore o fruitore imponendo direttamente (pubblicità) o indirettamente (televisione, cinema, radio, fumetti etc.) il prodotto. È subito evidente l’importanza enorme che hanno qui le immagini e le comunicazioni visive in generale, tanto che si parla di “inflazione delle immagini” o di “civiltà delle immagini”. È quindi un campo che non può non interessare gli “artisti delle visione”: tanto più, poi, che i “mass-media” costituiscono ormai un cardine fondamentale del “sistema”. Operando criticamente nei confronti delle visualizzazioni offerte dall’industria dei “mass-media” (in cui in senso lato possono farsi rientrare anche le forme esteriori degli oggetti) si opererà simultaneamente nei confronti del “sistema”.
Ora, se ricerchiamo ciò che caratterizza la funzione dei “mass-media”, notiamo che il consumatore o fruitore non è chiamato a giudicare della “qualità” o “struttura” del prodotto e non perché l’uomo della massa non sia in grado di giudicare, ma:
1)  perché non gli è data altra scelta;
2)  perché il prodotto occulta le proprie qualità o strutture ed evidenzia soltanto il “comfort”, il soddisfacimento di un bisogno reale o fittizio che sia. Si ricorre alla tecnica della reiterazione dell’immagine, anche fino all’ipnosi, ed alla miticizzazione del prodotto attraverso diverse sollecitazioni ora al livello vegetativo-emozionale, ora al livello sentimentale-evasivo.
Perché non si vuole che il consumatore pronunci un giudizio sulla qualità, cioè sulla struttura? Evidentemente perché ciò facendo condizionerebbe la produzione, mentre attualmente la produzione è prima di tutto condizionata dal raggiungimento del massimo profitto. Solo in misura indiretta ed aleatoria vengono soddisfatti alcuni effettivi bisogni della collettività. D’altronde un giudizio sulle qualità o strutture implicherebbe, prima o poi, un’ideologia sulle strutture e, quindi, un pericolo per il mantenimento dello “statu quo”, la prospettiva di un possibile mutamento delle strutture stesse. Più o meno apertamente i “mass-media” non propagandano una continua accettazione del “sistema”?
Da questa sommaria analisi consegue per l’artista “impegnato” l’imperativo morale di recuperare o far recuperare il valore della struttura o qualità. Ecco dunque l’esigenza di un’analisi percettiva degli elementi della visione, la ricerca delle relazioni di organizzazione strutturale (virtualmente o attualmente dinamica): analisi e ricerca che sono state fatte proprio dalla nuova tendenza definita “ghestaltica” o “neoconcreta”. Tutto questo significa indurre il fruitore ad un esercizio di intelligenza critica, ad una partecipazione cosciente ed attiva del ciclo produttivo; indurre a vedere, insomma, non per ritrovare un’emotività evasiva o liricizzante, ma per conoscere. Anche se la “nuova tendenza” non è ancora in grado di raggiungere direttamente la massa dei consumatori, essa tuttavia costituisce già un notevole proposta di rettifica delle aberrazioni in atto (v. G.C. Argan in “Libero Orizzonte”, 1964). Ed è una proposta con la quale si dovranno prima o poi fare i conti.
Onestamente si deve però notare che, in base ai risultati finora raggiunti, alcuni artisti, classificati nella nuova tendenza, non avvertono ancora pienamente l’esigenza di una continua verifica ideologica, sicché, a volte, limitano la ricerca ad esperienze e sperimentazioni puramente tecniche che sostanzialmente riproducono i processi di iterazione e di attrazione ipnotica dei ”mass-media”. C’è insomma, alle radici, il pericolo di identificare questi procedimenti col “reportage” della “pop-art”, e ciò proprio per la mancata verifica al livello ideologico. Solo questa verifica e, quindi, una più decisa progettazione critica di strutture, farà si che certe opere non appaiono più vacui giochi ottici o meccanici o addirittura elettronici, come oggi può accadere, ma contengano un messaggio, almeno potenziale, fra uomo e uomo.
Il problema, alla fine, diventa un problema di linguaggio (come poi, deve essere in arte): correzione di un linguaggio falso od aberrante, costituzione di un linguaggio autenticamente intersoggettivo.
Francesco Guerrieri e Lia Drei (Sperimentale P.)

(Atti del XIII Convegno Internazionale Artisti Critici Studiosi d’Arte, Rimini, San Marino e
Verucchio, 1964).