(…) da un lato una prorompente insurrezione vitalistica, dall’altro la consapevolezza della realtà in cui il lavoro dell’artista deve svolgersi. Una continua altalena tra pensiero e visione, tra concettualità e visualità che riescono, tuttavia, a convergere nell’opera. Mi sembra, del resto, che il raffronto tra le opere e gli scritti metta esemplarmente in luce questa bipolarità che è il nucleo centrale della Weltanschauung di Guerrieri.
Dalle prime dichiarazioni, note di un diario quasi segreto (“il mio problema è annientare le figurine che emergono dalla materia sparsa sulla tela, si era allora nel periodo dell’informale”), che esprimono una notevole carica emotiva, agli scritti della attuale più matura stagione, in cui affronta il problema della pittura in chiave di ricerca linguistica, il progressivo affinamento dei mezzi espressivi è sempre configurato come ideologia globale, processo di auto identificazione. L’inquietudine sfogata nel gesto, di certi disegni intorno al 1960, sottintende già una volontà di coordinazione razionale di un urgente ed incalzante patrimonio di immagini: il mondo della natura vi appare decantato in un’ottica interiore nella quale spazio e tempo sono perfettamente integrati come metafora dell’immagine, superando i modi dell’emozione iniziale e i limiti dell’abitudine visiva. La successiva riduzione del segno alla linearità e serialità geometrica, l’impaginazione ritmica in cui l’artista viene acquietando pulsioni, fantasmi, angosce, precedono il gioco sottile e razionale di proposizioni strutturali; tutto questo non è però da riferire esclusivamente ad un tipo di sperimentalismo percettivo di tipo optical, rispondendo invece ad un più vasto principio in cui si recuperano l’ancestrale fremito interno di una scrittura immaginativa primaria e le trame di memoria in cui giace la natura.
Le ritmo-strutture sono dunque la espressione di una tensione interiore, l’esprite de raison ne cambia via via la sintesi giocando sulla iterazione, sulle censure, sulla inversione dei rapporti, sulla virtuale cattura dello sguardo, sulla irrealizzabile ribaltabilità che diviene protagonista di una allucinazione nata da una geometria, punto di partenza di possibili movimenti multi direzionali, generati dal rigoroso incastro spaziale e cromatico. L’artista prende coscienza dell’immateriale come realtà pensabile dell’universo non da testimone esterno del mondo, ma come colui che si ritrova e si identifica in ogni forma dell’universo, presenza consapevole che vuole e può dominare le cose.
MARIA TORRENTE, Francesco Guerrieri in Humandesign, n. 15, LEM editrice, Milano, 1974